Non andrà tutto bene (Uno scritto andando spesso a capo e una riflessione sulle Palme)

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foto: Viaggio in Tibet con Enrico, gennaio 2016

NON ANDRÀ TUTTO BENE

 

Non ditelo ai bambini che “andrà tutto bene”,

chiedetelo a loro,

invece,

di dipingere la tristezza per il gioco che si rompe,

per il nonno che muore,

per la sera che nasconde il gioco.

 

Non raccontiamoci che dopo “nulla sarà più come prima”,

è ora di imparare a non nominare il nome invano:

Niente, Tutto,

sono versi da balbettare solo dopo aver attraversato piaghe di preghiera.

 

Non crediamo che bastino le morti di migliaia

per cambiare un grammo di quel che siamo

non saremo migliori,

nemmeno peggiori,

saremo

e per qualcuno sarà pena aggiuntiva.

 

Certo, proveremo a tirare a campare, che è un gran bell’esercizio

se fatto senza retorica.

I cani pisceranno agli angoli di strade e gli avvoltoi

continueranno a blaterare in diretta un eterno riposo

per quella giustizia che definisce eroi

chi copre antiche ed eterne ingiustizie.

 

Come saremo dopo, cosa diventeremo tutti

è domanda stupida, non esistono “tutti” nella danza della vita.

Esisto io.

E chi non c’è più.

 

P.S. allego qui sotto la riflessione scritta mesi fa per il Corriere Apuano (www.ilcorriereapuano.it) sembra passata una vita. Parlo di strade. La ripropongo così. Secondo me fa un certo effetto in questo tempo di “restate a casa”.

“La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada”.
Occorre che torniamo ad amare le nostre strade.
Quelle strade che permettono ai nostri passi di essere Vita.
Quelle strade che sono possibilità di relazione.
Quelle strade che sanno di promessa, anticipazione di una dimora.
Occorre che torniamo ad amare le nostre strade.
Quelle strade che ci hanno visto crescere, e sbagliare, cadere e rialzarci.
Quelle strade che sono nude e aperte, che certificano il passaggio.
Quelle strade che continueranno a indirizzare cammini anche dopo che ce ne saremo andati.
Quel giorno la folla, a Gerusalemme, non aveva capito niente però.
Però gli piaceva l’idea di un Dio che non si barrica nel Tempio, che non si nasconde dietro il Velo, che si mischia con la gente. (Poi, la gente, ha avuto anche paura, forse perché sulla strada del Calvario aveva capito il rischio di un Dio troppo umano).
Occorre che torniamo ad amare le nostre strade.
Quelle strade che sanno di polvere e mistero.
Quelle strade che gridano povertà e sussurrano solitudine.
Quelle strade che Tu Signore continui a percorrere, Dio fatto carne per camminare in questa umanità troppo disorientata. Quel giorno la folla stendeva mantelli, perché è bello sentire che un Dio voglia camminare dentro di noi. Sul Calvario si divideranno le Sue vesti. Che l’Amore fa paura.
Occorre che torniamo ad amare le nostre strade. Quelle strade che ci vedono camminare abbandonando le sicurezze. Quelle strade che raccontano di una nostalgia, di una casa paterna da raggiungere.
Quelle strade che Tu Signore hai camminato per testimoniarci la possibilità di una direzione. Di un Senso.
Occorre che torniamo con Te sulla strada che hai percorso per entrare in Gerusalemme, profezia della salvezza pasquale che da allora scorre nelle vene del mondo.
Occorre che entriamo con te in Gerusalemme, incredibile messaggio di speranza per tutte le Gerusalemme del mondo. Occorre che torniamo alle nostre strade.
Quelle della nostra quotidianità. Quelle di cui conosciamo benissimo la polvere.
Quegli spazi di terra frequentata da chiunque che permettono l’incontro, la comunicazione, la resistenza semplice al dramma dell’isolamento.
Occorre che torniamo alle nostre strade, e che lo facciamo adesso, subito, con passione. E che restiamo fedeli alle strade, anche quando vanno in salita sotto un cielo buio che sembra tanto al tuo Calvario.
Occorre che torniamo alle strade perché tu, sulla strada, ci attendi. E che il nostro camminare possa diventare sempre di più seguire, seguirti. E che il nostro amore si lasci fecondare dal bisogno di muoverci incontro a Te, incontro al fratello, incontro a noi stessi.

 

8 commenti Aggiungi il tuo

  1. Evangela Baldini ha detto:

    Bello! Grazie..non credo che siamo gli stessi dopo..se avremmo vissuto questo periodo come opportunità..se riusciremo a medicare certe ferite e curare certi rapporti..almeno io ci spero e ci provo..🙏♥️

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  2. Silvana Franco ha detto:

    Andavo in giro con la mia palma non posso ora scendere in strada con la mia palma andrò di nuovo in giro con la mia palma e dirò a quel Gesù che mi credeva dietro di Lui che la mia palma è alta dentro il cuore e come la agitano venti forti di speranza scendero” di nuovo in strada e andrò con lui verso la croce no nulla cambierà

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  3. cinzia ha detto:

    Parlare in modo assoluto, ci fa sentire forse meno soli. Tutto tutto, niente niente, è forse un modo infantile e semplice per vederci chiaro, per essere sicuri. Però è vero che non possiamo parlare che per noi stessi e forse nemmeno, perchè non sappiamo ora come saremo domani. Forse diversi, ma forse sempre uguali. Quello che è certo che oggi non è come prima e questo tempo ci costringe a cambiare comportamenti, fino a condizionare i nostri pensieri, i nostri desideri, pure i nostri dolori. Sicuramente non andrà tutto bene ed è giusto parlarne anche con i bambini che ci vedono cupi, impauriti pronunciando queste parole profetiche. Non va tutto bene, questo lo vedono e capiscono anche loro che ci guardano e riguardano ogni giorno. Oggi impareranno da noi adulti guardandoci negli occhi molto più che ascoltandoci . Abbiamo paura di parlare di morte ai bambini, perchè ne abbiamo paura noi. Loro hanno bisogno di certezze d’amore, di sicurezza, non di certezza di vita. Quando mia figlia a circa 5 anni mi chiese se io fossi morta cosa ne sarebbe stato di lei, io continuavo a non risponderle dicendo che aveva appena perso il padre e che era quindi poco probabile la mia morte . Ma lei non soddisfatta, continuava incalzante con la stessa domanda. Con chi sarò io se morirai anche tu mamma? Si calmò solo quando le risposi (finalmente) che sarebbe stata con la zia .Ci eravamo accordate che se mi fosse accaduto qualcosa lei ci sarebbe stata per mia figlia. Era la verità….

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    1. Vittoria Cavalleri ha detto:

      Non andrà tutto bene, non andrà tutto bene se la strada che percorrero’ in futuro…sarà la stessa. Non andrà tutto bene se da questa esperienza di morte, non cerco la strada della vita da amare. Non andrà tutto bene se non aprirò la porta, al mondo che vuole una strada di giustizia uguaglianza. Grazie don un abbraccio.

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  4. Marina Greco ha detto:

    Esistiamo noi…Ai miei dico: “Speriamo che ce la caviamo!”. Grazie per i tuoi scritti…

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  5. Giovanni ha detto:

    Esisto io e chi non c’è più.
    Termina così questo scritto. Ma c’è un assente e solo questo giustifica un titolo che esprime un’amara certezza: tutto non andrà bene.
    Sì, tutto non andrà bene se resto solamente io, a contemplare me, il mio dolore, il mio lutto, come un narciso che incapace di trovare il bene e il bello, si piega inesorabile a contemplare il suo male.
    Forse però ci siamo dimenticati, proprio noi, ministri che oscuriamo il Capo, membra che cancelliamo il Corpo, servi che limitiamo il Maestro…ci siamo dimenticati che c’è Dio. E allora ecco in virtù di quale Fede, di quale Speranza possiamo dire che “Andrà tutto bene!”
    Fede, speranza che si fanno carità: sì annunciare che il Bene vince sul Male è anche un gesto di carità, sollievo per chi soffre, annuncio di speranza per chi dispera.
    Il nostro Dio non toglie il dolore, la sofferenza, il male… Nemmeno ce lo spiega… Vuole soltanto portarlo con noi. Ecco perché noi siamo abilitati a dire che tutto andrà bene.

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  6. Paola ha detto:

    Generalmente ho molta fiducia nel prossimo, tendo ad essere ottimista nelle situazioni. Quest’emergenza che ci ha travolto invece mi ha affogato nel realismo e mi ha fatto rivisitare i miei canoni di giudizio umani. Ne parlavo, anzi, ne videoparlavo coi miei genitori ieri: non usciremo migliori da questa battaglia.
    Le persone dimenticano in fretta. Stanno già dimenticando ora, anche se il sangue spalmato sulle porte di chi ha avuto un lutto è ancora fresco.
    Chi coglierà il frutto di questa fatica sarà chi già ne coglieva Nelle piccole cose, prima di essere messo a dura prova; il resto, e lo dico con dispiacere, rimarrà arido, povero, egoista.
    Basti pensare alla spesa: se ognuno prendesse il necessario per sè (senza dover rinunciare cmq a nulla) pensando che ogni suo eccesso futile toglierà qualcosa a un altro … non ci sarebbero scaffali vuoti. E invece scaffali svuotati, persone svuotate.
    E in questo bel contesto penso ai miei figli e al loro prezioso futuro.
    Sento la messa in diretta Facebook con mia figlia di 5 anni ed è bello perché non c’è l’obbligo di stare seduti (difficile a quell’età) o zitti… posso tradurle in diretta le scritture con parole semplici che possano arrivarle e sono incredibili le domande che mi pone sul perché Gesù si sia fatto trattare così. Il suo essere così cristallina e pura nel suo iniziare ad incamminarsi sulla strada per andare a trovare questo Gesù che si è fatto tradire, imprigionare, picchiare sputare, anche se sapeva che sarebbe successo. Per un Credo.
    Quest’emergenza arrivata proprio nel tempo della Quaresima ha tanti significati per me. Quest’anno più che ogni altro anno della mia vita attendo la Pasqua. Intanto cammino, mano nella mano con i miei cari che tengo stretti, incontro a Te.

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  7. Vincenzo Pessina ha detto:

    Letterariamente originale, come di consueto.
    Profondo, vissuto e stimolante riflessioni, come di consueto.
    Forse un po’ più di positività, sorriso, qualche battuta?
    O bisogna per forza avere, come me, 5 figli e 8 nipoti per farlo?

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