foto: Tra Crocetta e Montereggio
liturgia parola quarta avvento A
Complice meraviglia
(Matteo 1,18-24)
IV Avvento anno A
Giuseppe era un uomo giusto e quello che fa un uomo giusto, quando la vita decide di impennarsi in voli troppo arditi è: tentare di addomesticarla.
Mi piace tanto Giuseppe, quest’uomo che ha una giusta misura prima di tutto di se stesso, saggio carpentiere che davanti all’accadere di eventi (evidentemente fuori dalla sua portata) cerca di aggiustare le cose come può, cerca di non fare male a nessuno, cerca di congedare in segreto quella storia che chissà per quale motivo ha deciso di inventare esagerati ricami proprio addosso a lui. Cerca il nascondimento. Non è vigliaccheria, è senso della misura. Misura che spesso ognuno di noi perde credendosi sempre troppo indispensabile, troppo protagonista di una vita che può fare benissimo a meno di noi.
Sia lode ai giusti silenziosi, sia lode a chi nella vita cammina davvero le periferie, i bordi, le ombre.
Sono innamorato di Giuseppe, quest’uomo che non va alla ricerca di cose troppo grandi e che cerca in tutti i modi di mantenere un profilo basso nel cuore di accadimenti enormi. E ci riuscirà, Giuseppe, incredibilmente ci riuscirà, uomo silenzioso e leggero, fino alla fine.
Il silenzio di Giuseppe, il suo desiderio di camminare la vita senza far rumore, il suo sentirsi fuori posto nella trama di un libro con troppa santità, il desiderio di ripudiarla quella vita, ma di farlo in segreto, di non trasformare nemmeno la resa in evento, il suo volersi chiamare fuori senza polemica, mi sembrano un invito per tutti noi, un invito ad abbassare i toni, a rapportarsi alla vita senza pretese, senza sentirsi sempre in credito, senza alzare la voce, senza patetici protagonismi.
Giuseppe uomo dal cuore pratico è anche però uomo che sa ascoltare, o meglio, proprio per il suo profilo attutito dall’umiltà e dalla propensione alla praticità è abile nell’ascolto. Soprattutto quando le difese si abbassano, quando gli strumenti di lavoro tacciono, quando le paure si diradano, quando il sonno colloca in territori misteriosi e fecondi. Nel sogno Giuseppe si lascia raggiungere dalla Promessa ma, e qui è davvero splendido, non cambia il suo stile di vita. Silenziosamente lascia che la vita si dispieghi, se lei insiste lui cercherà di facilitarla, come un fa un artigiano, cercherà di far felice questo committente così stravagante.
Giuseppe la lascia accadere la vita e attende di portarla a termine, forse per il gusto di sedersi, alla fine, a rimirarla, come quando alla fine di un lavoro impegnativo si siede e lo contempla.
Immagino Giuseppe, adesso, seduto ai bordi della vita, a rimirare le conseguenze di un sogno.
Giuseppe è meravigliosamente giusto perché dopo duemila anni ancora riesce a raccontare che le cose belle nella vita accadono ma non sempre sono frutto del nostro sforzo, spesso accadono e basta, a noi il decidere se facilitarle o meno. La vita accade, Maria avrà un bambino, lui farà di tutto per salvarlo e poi si siederà sul bordo della storia a contemplare questa vita che lui non avrebbe saputo immaginare tanto coraggiosa. Poi sarà chiamato in causa, poi dovrà tenere le redini di una storia già segnata dal pericolo, poi dovrà farsi carico di portare in salvo Gesù ma anche quello sarà solo silenziosa obbedienza. E sarà possibile solo perché prima Giuseppe è riuscito a regalare alla storia la sua complice meraviglia.
Chissà forse abbiamo sempre troppa fretta di interagire, di intervenire, forse la nostra vita è davvero malata di protagonismo, crediamo che tutto dipenda da noi invece Giuseppe ci insegna che servirebbe solo la nostra complice meraviglia. Meraviglia per questo Spirito che feconda la carne vergine di una sposa. Meraviglia per questo Spirito che feconda sempre ogni cosa che, senza quel soffio semplicemente non potrebbe vivere.
Forse il Vangelo inizia con Giuseppe perché tutta la nostra vita è chiamata a imparare a sedersi sul bordo degli eventi per scoprire la fantasia di Dio dentro le cose che accadono. Che accadono quando noi non ci sentiamo all’altezza, quando abbandoniamo l’ansia della prestazione.
Giuseppe è chiamato dall’angelo “figlio di Davide” ed è certo chiaro riferimento ad una storia antica e nobile ma anche ad un futuro imminente e prossimo, sospeso tra il grande re e questo suo figlio destinato a regnare in altro modo ma lui, Giuseppe, lì in mezzo, si sente investito dell’appartenenza davidica nel momento esatto in cui è chiamato dall’angelo. E allora forse questo è segno che anche lui deve sentirsi come il Davide dei primi tempi, l’ultimo, l’escluso, il dimenticato, il chiamato.
Giuseppe è l’uomo che entra in punta di piedi nella storia, che sa ascoltarla e che la rende possibile, silenziosamente la dispiega. E quindi la accoglie senza paura: “non temere di prendere con te Maria…”.
E invece noi temiamo di “prendere con noi” la storia che ci accade, abbiamo mille paure, abbiamo l’ansia di non riuscire, di non essere all’altezza, abbiamo paura di venir giudicati, di essere esclusi. Stiamo morendo di paura, non riusciamo a prendere con noi la vita che accade e reagiamo sempre in de modi opposti: aggrediamo la vita e facciamo di tutto perché risponda ai nostri bisogni oppure moriamo di paura aspettando che le cose cambino.
Abbiamo bisogno di Giuseppe, della sua umiltà che scardina tutti i possibili sensi di inadeguatezza, abbiamo bisogno di ascoltare davvero la storia per quello che racconta, abbiamo bisogno di prenderla con noi, così com’è senza pretese e senza lamentele, abbiamo bisogno di portarla in salvo, come possiamo, per quello che possiamo, per scoprire che in quel gesto di paternità matura stiamo incontrano il Signore che è “Dio con noi”, se abbiamo il coraggio di farcene carico.
Bellissima riflessione su un Giuseppe che spesso sembra essere poco considerato. In realtà ci sia di esempio per la sua essenzialità negli eventi straordinari.
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GRAZIE!
Il giorno sab 21 dic 2019 alle ore 14:43 Alessandro Deho’ ha scritto:
> ALESSANDRO DEHO’ posted: ” foto: Tra Crocetta e Montereggio liturgia > parola quarta avvento A Complice meraviglia (Matteo 1,18-24) IV Avvento > anno A Giuseppe era un uomo giusto e quello che fa un uomo giusto, quando > la vita decide di impennarsi in voli troppo arditi è: t” >
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