Nel girotondo dei vivi Trentaduesima domenica TO anno C

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Nuovi fiori a Crocetta

Liturgia Parola trentadue anno C

Nel girotondo dei vivi

XXXII domenica del Tempo Ordinario C (Sapienza 11 e Luca 19)

 

È vero, non c’è resurrezione. Nei vostri giochi da teologi viziati. Voi che inventate casi e non sapete più amare. Non c’è resurrezione nelle parole di chi non vede lo scarto dello stupore e non è abituato al profondo lento silenzioso senso delle cose. È vero sadducei, la vostra resurrezione, semplicemente non è esiste.

 

Finché non imparerete a non aggredirla la vita, e a non pretendere. Mai. Nemmeno i figli possono essere pretesi. Nemmeno l’amore. Nemmeno avere ragione. Nessuna pretesa val la pena d’essere vissuta. Nemmeno Dio si pretende.

La vita non è una guerra, nemmeno una lotta contro il tempo o contro il limite. Disarmati. Amati. Arrendersi prima che sia dichiarata l’ostilità. Prima che ogni cosa diventi ostile.

 

Risorgere non è ricominciare lontano dalle ombre, non una revisione corretta del male di vivere, risorgere è già qui, è accarezzare il limite con lacrime di compassione. E nutrire i propri demoni, ammansendoli il più possibile, è addomesticarsi.

Risorgere è impastare di polline ogni parola, respirare in ogni gesto, fecondare i silenzi.

Risorgere è fare l’amore con la morte. Smettere di fuggirla. Di offenderla.

Risorgere è lasciarsi scrivere dalla vita e poi bussare, bussare ad ogni istante e restare in attesa, di risposta, che l’Eterno è l’approdo dei vivi. Solo qui, adesso, a volte, l’Eterno è Riposo.

 

Risorgere è smetterla di lottare pateticamente con la morte, è farsela amica, compagna di viaggio, imparare ad amare e a morire, ci hanno aperto gli occhi per imparare questo. E niente più.

Riporre ogni frammento di vita nella scatola dei ricordi, e farlo con cura. Ma se il dramma è indicibile, come la morte di un figlio, quello no, quello non deporlo mai nei ricordi, è impossibile. Ma bestemmiare ad alta voce, accogliere la propria ribellione, maledire, aggredire, gridare. Provocarlo questo Dio insensato. Far risorgere da subito l’umano diritto alla felicità e sbatterlo contro il Cielo. E farlo a più riprese, fino a perdere il sonno, quella è preghiera. Gridare fino a indebolirsi, ci vorranno anni, forse la vita tutta, sfinirsi di debolezza e così finalmente risorgere nel Debole, respiro dell’Eterno. Riconoscerlo finalmente simile, immagine e somiglianza della nostra debolezza.

E riconoscersi, nello scambio umano e divino, di sguardi sconfitti.

Risorgere è vivere come angeli, cantando l’annuncio che in ogni storia d’amore si balbetta qualcosa di Lui. Una, due, sette…mille. Non importa quanto, importa se abbiamo amato sentendoci spazio della Sua danza del mondo. Non importa il morire, non importa quanti figli si sono lasciati ma se ci si è sentiti luna, spazio illuminato dall’amore del Sole. E poi un giorno, e sarà resurrezione, non ci sarà più luce riflessa, nessun satellite, solo Luce.

 

Risorgere è sfiorare la vita con dolcezza, e ascoltarla, e sentirla.

Risorgere è la vita che bussa, cerca, e suscita.

Resuscitare è la poesia che bussa al cuore e regala pioggia agli occhi.

Risorgere è quella carezza tra i capelli, è pane spezzato con il suo profumo, è sentirsi visitati dal Mistero. Risorgere è Visitazione. E un pianto commosso partorito nelle notti più buie.

 

Resuscitare è non rinunciare all’altrui libertà, nemmeno per tentazioni di bene. È l’amicizia che trasforma l’acqua in vino per sfilare l’inciampo dalla gioia.

Risorgere è il perdono dei peccati e più ancora lo stupore che fa cambiare occhi.

Risuscitare è ridare un figlio alla vedova, un servo all’amico, Lazzaro al mondo. Ma poi invitarla la morte nel girotondo dei vivi che aspettano l’Eterno.

 

Risuscitare è continuare a camminare nelle traiettorie degli amici, e togliere la polvere dai loro piedi, anche da quelli che hanno già tradito.

 

Risuscitare è una croce, un cimitero, qualche donna in pianto, tanta incomprensione e un mondo che non si ferma, è lasciar scivolare Tutto attraverso il Calvario. E poi aspettare. Neppure lì incepparla la vita, neppure lì.

 

Risuscitare è un mattino che nessuno ha capito essere di Pasqua, resuscitare è semplicemente uscire che è ancora buio. Ma anche restare chiusi in una stanza è resuscitare, lasciare che il gallo canti, e canti ancora, e non fare altro che aspettare, Lui verrà. Anche non atteso.

Resuscitare è un sepolcro, che la morte va abitata. E che sia Vuoto non vuol dire che la morte non esista.

Ma gli angeli lo sanno, neppure lei, la morte, decide di trattenerla la vita,

La resurrezione è seme.

XXXII TO C Risorgere