Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!».
Forse “essere pronti” è questione di vesti strette e di lampade accese cioè: cammino nella notte. Essere pronti è questione di piedi e di occhi. Così quando la vita arriva possiamo farci strada e orizzonte. E allora credo che vada rovesciata l’idea di una preparazione previa alla vita, come se servisse una preparazione in attesa di applicare le competenze acquisite. “Essere pronti” per obbedire alla vita che bussa e chiede complicità.
Forse “essere pronti” non è vivere nella sicurezza del Suo ritorno, come le prime comunità, ma nemmeno ubriacarsi di moralistici propositi per “farsi trovare pronti” come in vista di un’interrogazione a sorpresa. Forse “essere pronti” è vivere come le stagioni, come questo autunno che, se guardi bene, è già inverno, primavera e estate. “Farsi pronti” è stare dentro il presente con consapevolezza.
Forse “essere pronti” è rimanere abilitati allo stupore, alla sorpresa. Ti aspetti un padrone e trovi un servo.