Vent’anni fa, ricordo, la mia mano è scesa lenta su quella pietra, e furono lacrime mentre io mi appoggiavo, sicuro di aver trovato.Oggi la mano accarezza ma poi chiede di rimanere in sospeso.C’è uno spazio, un vuoto, un Nulla, appena sopra la pietra. Pochi centimetri di aria. Un legno traballante, insicuro, una sacra zattera trasformata in altare e poi sopra……pietre, candelabri, latino incrostato dal tempo, impasto religioso spesso, solido, oro, magmatici sedimenti sacrali impastano bisogni di appartenenza, guerre di posizione, sinceri dolori, drammatici smarrimenti. Tutto è pesante. Come se una mano avesse affondato nell’umano più misterioso e torbido e avesse preso tutto quello che poteva. Ed è tutto pesante. Troppo.Schiaccia. Preme sull’anima. Calpesta il respiro. Ma quando la chiudi, nel cuore, la mano non riesce a sconfiggere un nocciolo di vuoto.Con l’ultimo fiato prima di lasciare ti chiedo, Signore, di poter rimanere qui, sotto il legno traballante, sopra la pietra, nel nocciolo di vuoto. Mano sospesa nel vento, a riconoscerti presente nell’aria, nel sole, nella pioggia. Ti chiedo la grazia, se posso, di rimanere in sospeso in questo sacro Nulla dove mi sento finalmente trovato. Sacra è l’alba di ogni mattino e il cuore di tutte le donne a cui è stato rubato l’amore, sacra la corsa di chi non ti trova e ritorna a cercarti. Fammi restare a mano aperta in questo spazio tra cielo e terra, tra tutto e niente. E dammi la forza di rialzare la mano quando andrà ad appoggiarsi a religiose sicurezze o a ingenui egoismi. Dammi la forza di rimanere aggrappato al visibile quando la mano si sentirà troppo chiamata dall’invisibile.Vent’anni fa, ricordo, la mia mano è scesa lenta su quella pietra, e furono lacrime mentre io mi appoggiavo, sicuro di aver trovato.Oggi la mano accarezza ma poi chiede di rimanere in sospeso.