
Rottame di sogno (prima parte)
(Giovanni 20,19-31)
II domenica di Pasqua 2023
“La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo…”
Puoi chiudere fuori le strade e le piazze, puoi chiudere fuori il Tempio e anche le sue parole puoi chiudere fuori. Puoi ammutolire il cielo, smettere di pregare, guardare le cose per quello che sono senza far per forza rotolare la farina e i gigli e le monete in parabole. Puoi dirti di aver sbagliato a seguirlo, puoi giurare di non averlo mai conosciuto e crederci davvero stavolta perché tu quell’uomo sfigurato appeso alla croce non l’avevi conosciuto fino in fondo. Puoi sperare di non vedere più sua madre, puoi stare alla larga dal sepolcro puoi fare tutto questo ma c’è una cosa che a quel punto io non son riuscito a togliermi di dosso: che sono stato suo discepolo e che ancora mi sentivo tale, nonostante tutto. Anche lì.
Come una malattia, come un sigillo, come una condanna. Chiuso in quella casa potevo fingere su tutto ma non che lo avevo amato. Ero marchiato a fuoco, condannato a fare i conti a partire da quei tre anni di vita visionaria. Avevo chiuso il mondo fuori da quella stanza, avevo gli occhi bassi e il cuore accartocciato, avevo paura che qualcuno si ricordasse di me, avevo qualche lacrima e molti silenzi. Avevo sensi di colpa che giocavano con le mie ultime azioni, ero solo rottame di sogno, eppure continuavo a essere discepolo, nonostante me.
Così se qualcuno avesse saputo ascoltare avrebbe visto che in quel cenacolo sembrava di essere in una chiesa. Come unica liturgia lo smarrimento, come unico libro sacro il silenzio, come unico Dio l’Assente. Ero spacciato, e con me gli altri discepoli, non riuscivamo a liberarci di Lui. Questo sentivamo con una rabbia mista a stupore. Forse Giuda si era impiccato proprio per quel motivo, non era riuscito a liberarsi di Lui.
Se l’hai incontrato davvero risulta impossibile ricominciare a vivere come se nulla fosse successo. La fede è una condanna, come l’amore, mette in trappola. Bisognerebbe esserne coscienti prima, che la fede, come l’amore, graffia la vita. La segna per sempre.
Quella fu la prima volta che percepii chiaro il dramma di essere finito nella rete del Suo fascino, mi sentivo in trappola, avevo scelto di chiudermi in quella casa che sembrava in tutto e per tutto a un sepolcro ma nessuno aveva la pietà di venirmi a dare il colpo di grazia, restavo vivo e legato a Lui senza capire bene il perché. (continua)