Il settimo uomo terza domenica di Quaresima anno A

Il settimo uomo

(Giovanni 4,5-42)

III domenica di Quaresima anno A 2023

 

“Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito…”…è il sesto uomo. Cinque mariti, quello attuale è il sesto, e la tua sete non si è placata. E’ il sesto uomo e hai vergogna di quel desiderio che ti brucia ancora dentro e hai come paura di una fame d’amore che non ti lascia tregua, hai paura di aver sfinito la vita, di aver sbagliato, ti senti fuori posto, senti che ti sei illusa per sei volte senza aver imparato la lezione, per questo ti nascondi, donna samaritana, per questo scegli l’ora più calda del giorno per scendere al pozzo, così speri di non dover più incontrare nessuno, così speri di non correre più il rischio di innamorarti ancora, perché al pozzo ci si innamora, ci si incontra, il pozzo è il luogo biblico del corteggiamento. Ma non hai fatto i conti con il settimo uomo.

            Sei stanca donna samaritana, stanca forse di ascoltare la fame d’amore che si agita nel cuore, stanca di illuderti, stanca di credere che si possa trovare la pienezza della felicità in questo sesto giorno che è la nostra vita, in questa condanna quotidiana, quella di attingere solo acqua bastante per un giorno, acqua buona solamente per spostare la morte più in là di qualche ora.

Sei stanca donna samaritana, un po’ come tutti noi, di credere al mito della felicità, e ormai credi sia meglio stare soli e camminare lenti e nascosti e cercare di leccarsi le ferite provocate dalle proprie ingenue illusioni.

            Quel giorno però il settimo uomo decide di mostrarsi, ed incredibilmente è stanco e bisognoso, non te l’aspettavi più, non te l’aspettavi così. Non fa paura il settimo uomo, troppo debole, e così diverso dagli altri che ti avevano ammaliata con promesse a cui avevi deciso di credere. Il settimo uomo non ha nessuna possibilità di illuderti. Di deluderti, forse, perché niente ti può dare, è un grumo di vita stanca, senti che ti somiglia.

E’ lui a chiederti acqua e tu, donna samaritana, straniera, rispondi, sulle prime, come sempre hai fatto, con uno sdegno stizzito che non riesce però a celare del tutto la soddisfazione di essere, ancora, corteggiata.

Ma con il settimo uomo è tutto diverso, lui è vero, è lì, e sembra non mentire, si mostra per quello che è, nessuna falsificazione, e a te sembra già un miracolo. Ha sete e chiede acqua, senza maschere, i suoi discepoli per fortuna erano scesi in città, tu ancora non lo sapevi, ma sei stata fortunata, avrebbero intralciato, come sempre, i meccanismi dell’amore.

Lui stava, stanco e seduto, e chiedeva acqua. Aveva sete. Non gli importava nulla di promettere, non sembrava in grado di sedurre, quello che faceva il settimo uomo era: svelare. La sua parola era tenera e precisa, senza ombre, una lama di luce a rendere visibile il reale. Il settimo uomo chiese acqua e tu, in quel momento, iniziasti a disancorarti dal sesto marito, c’era un mare nuovo da solcare nei suoi occhi, solo quest’uomo stanco e bisognoso stava riconoscendo in te una possibilità. Forse è questo che cerco, pensasti, qualcuno che si accorga di me. Eri in grado di dare da bere, di offrire qualcosa, di avvicinarti al bisogno di un altro, non te ne ricordavi nemmeno più. Eri ancora viva. Cominciasti a credere a quegli occhi e a quelle parole.

            Ancora non sapevi che il volto del settimo uomo era il volto divino, ancora non sapevi che era quel settimo uomo nato nella mangiatoia a piangere il suo bisogno d’amore, ancora non potevi sapere che il settimo uomo sarebbe stato massacrato ma che anche dalla croce avrebbe continuato a gridare la sua divina fedeltà a ogni uomo, “ho sete!” avrebbe gridato, ho sempre avuto sete, avrò sempre sete di voi, vi aspetterò sempre al pozzo, oltre l’orlo delle vostre sei illusioni. Tu fosti la prima, donna samaritana, ad aver ascoltato la sete di Dio.

            Non fu facile comprendere, abituata al gioco tragico del sesto giorno dove ci si muove per bisogno e offerta, dove vince solo chi può garantire risposte, all’inizio non capisci, che il settimo uomo ti sta portando in una logica di vita nuova, nel settimo giorno, dove la verità è data dall’incontro amoroso tra due cuori affamati l’uno dell’altra, tu donna samaritana non capisci e anche noi ancora fatichiamo, che il Creatore non è l’onnipotente riempimento dei nostri vuoti ma il tenero incontro tra due bisogni d’amore. Il volto divino ha i tratti bisognosi e stanchi e attende di essere preso tra le braccia da noi.

            Poi inizi a credere davvero che qualcosa di nuovo stia succedendo, ma “il pozzo è troppo profondo” dici, ed hai ragione, hanno scavato sei amori in te e ti hanno solamente prosciugata, sai bene che profondo è il tuo dolore, profonda la tua fame d’amore, profondo il tuo smarrimento, profondo il buco nero che ti porti dentro. Lo sai bene. E allora lo provochi. Provochi il settimo uomo. E anche noi dovremmo imparare a provocare il Padre, a non accontentarci, “dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. Ma il settimo uomo lo sa bene che quella è richiesta sbagliata, che tu ti stai ingannando ancora, che è il grande errore, la causa di ogni tuo e nostro dolore: credere che sia la sete il vero problema, credere che siamo fatti per essere saziati. Non è così. Non è così il profilo del Padre, non è così l’uomo, non è così l’amore. Se tu cessassi di avere sete e smettessi di essere stanca e non ti recassi più al pozzo saresti semplicemente morta. L’illusione di riempire i vuoti è la condanna degli uomini e delle donne del sesto giorno.

 

Cristo, settimo uomo, viene da stanco e bisognoso per scardinare quella logica. Il divino è stanco e bisognoso proprio perché l’amore o è stanco e bisognoso oppure non è. Cristo, settimo uomo, dice che è proprio la capacità di dimorare nel Vuoto, la nostra capacità di accoglierci per quello che siamo: affamati cronici d’amore a poterci trasformare in sorgenti d’acqua viva. Ecco un altro dei paradossi del cristianesimo, sorgente non è colui che riempie i bisogni altrui ma ogni uomo e ogni donna che sa condividere la fame infinita d’amore che altro non è che fame d’Infinito. La croce è sorgente, il sepolcro vuoto è sorgente.

            Il settimo uomo irrompe nel sesto giorno per liberarci, per dire ai suoi discepoli che c’è una fame che non si può soddisfare, che c’è un altro cibo che il nostro cuore pretende, che bisogna fuggire la tentazione di credere che ci sia qui una persona, un posto, un sogno esaudito in grado di riempire il pozzo che ci portiamo dentro.

Invece cantare la nostra sete d’amore, piangere di nostalgia, cercare l’uomo del pozzo, colui che ci dice che quella sete infinita d’amore è ciò che abbiamo di più prezioso, che solo scendendo in quel pozzo, in quel sepolcro, solo da lì noi riusciremo a scorgere il cuore di un Padre assetato di noi, solo da lì verremo finalmente sollevati alla pienezza del settimo giorno, solo da lì saremo raccolti da mani assetate di noi e posti finalmente in quel flusso continuo d’amore che è il sangue vivo della Trinità. Nel settimo giorno dell’Eternità.

 

 

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 4,5-42

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: "Io non ho marito". Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Parola del Signore.