I pastori Natale

I pastori

(Luca 2)

Natale anno A 2022

La pienezza della nostra formazione è la conformazione a Cristo. Ripeto: non si tratta di un processo mentale, astratto, ma di diventare Lui. (Desiderio Desideravi 41)

Cosa significa diventare Lui? Alzo lo sguardo e in me trovo un pezzo di cielo svuotato, un cratere buio, un Vuoto, come di sepolcro liberato, come di mancanza inconsolabile, ferita impossibile da suturare, qualcuno ha scavato nel cielo, forse angeli, come dice il Vangelo, angeli che prima annunciano e poi si allontanano, sempre si allontanano gli angeli, giocano a scavare nella sabbia delle nuvole, mani luminose gli angeli, si divertono a sussurrare al cuore che non è tutto qui, che oltre la coperta del cielo Dio gioca all’eternità. Ma dura quasi niente l’annuncio, ciò che resta è il dubbio di un passaggio, ombra ambigua e veloce. Battito d’ali.

Diventare Lui, lo sento, è prendere sul serio quel Vuoto. Lo so, perché è una condanna, perché alla fine torno sempre lì, a verificare i contorni della mancanza. Torno sempre lì, a giurare di avere sentito una promessa di eternità, a piangere perché la morte me l’ha strappata, sono figlio di apparizioni angeliche e di allontanamenti drammatici. Il Vuoto, la morte, quel cielo abitato solo per un istante mi tortura dalla nascita, sento che non crederei se non avessi quel cratere ficcato tra le costole, sento che la mia fede dipende dal ricordo di un battito d’ali tramutato in Vuoto. Diventare Lui per me è tornare qui, tornarci sempre, a costo di appesantire, a costo di apparire buio.

Sono figlio del dolore di un’assenza, sono figlio di mille assenze che mi hanno parlato di Lui e che ora sono già diventate Lui, ma io qui rimango, occhi al cielo vuoto, a tenere in equilibrio stanchezza e speranza. E la condanna, il fascino per tutto ciò che muore, per le macerie, per le case diroccate, per le fotografie nei cimiteri, per i diari abbandonati, per questa nostalgia che a volte mi stringe il cuore fino a farmi male. Diventare Lui, io so che la strada è quella, farmi trascinare Altrove da queste assenze che seducono.

Da lontano camminano su di me i pastori, arrivano da lontano, parlano tra di loro, diventare Lui è anche accettare di diventare loro, non “come” loro ma esattamente loro, i pastori, che poi sono lo scarto, l’esclusione, la vergogna. I pastori sono tutto ciò che il potere esclude. Li lascio avvicinare anche se non voglio, anche se mi sembra di regredire, di tornare a riaprire parti di me che speravo archiviate. Diventare Lui è accettare l’invasione dei pastori. Disgrazie in cammino, li riconosco, uno per uno, sono i miei fallimenti e i miei peccati, sono le delusioni che ho provocato in chi mi voleva bene, sono i sensi di colpa, sono quel sentirsi sempre fuori posto, sono le immaturità, sono la parte meno presentabile di me, sono la paura di non essere amato, sono il non sentirmi mai all’altezza, sono la parte di me che avevo liberato nel deserto sperando di non doverli rivedere mai più. Diventare Lui, secondo il vangelo, è lasciare che proprio loro portino la buona notizia della speranza. E non è un bel passaggio, significa riconciliarsi con il male che sento dentro, significa tornare a fare i conti con lo sporco, con lo scarto, con la parte malata. Ci vuole fede per accettare di riconoscersi nei pastori, che poi è riconoscersi nei peccatori, nelle prostitute, nei lebbrosi, nei ladri, nei ciechi, nei traditori… diventare Lui è accettare di riconoscersi in ogni riga del Vangelo. La vergogna, la paura di scriverle queste cose, accettare che qualcuno dubiti che io stia giocando. Diventare Lui significa far tornare i pastori, far loro spazio, non sarò mai immune dal peccato. Sotto un cielo torturato da un Assenza carica di nostalgia continueranno a muoversi i pastori, saranno loro ad annunciare la speranza, sporchi improponibili e sgrammaticati. Diventerò Lui se saprò ascoltare la parte malata di me.