
Poi Lui muore. Padre nostro, e il velo del tempio si squarcia a metà.
Padre nostro, come rottura delle acque, erotico strappo del sacro, ti vedo e mi concedo a te e al tuo mistero.
Cedo, Padre, frano nel tuo mistero, come velo squarciato anch’io sono brandelli, come strappo è la fede, dolorosa.
Padre nostro, di questo nostro figlio in croce, macellato, agnello, sfibrato, massacrato. Riesco a inchiodarmi al suo dolore e ti giuro, Padre, vorrei morire anche io con Lui. Perché da domani non troverò più un senso all’alba che verrà a disturbare il sonno. Come potrei non sentirmi fratello, intimo di questo folle innamorato che mi ha cambiato la vita? Vivrò sotto il segno della croce e pregando te penserò a Lui, che mi è stato fratello, amico e padre. Vivrò per sempre sotto il segno della croce, grato per l’esplosione di dolore che mi ha fatto scoppiare il cuore e dilatato gli occhi. (…)
Padre nostro, posso cedere, se vuoi. Ma tu colpiscimi, colpiscimi forte con il tuo amore insensato, inchiodami negli occhi l’immagine del figlio crocifisso, piegami, umiliami, conducimi ai piedi della croce, avvicinami, immergimi nel tuo dolore, rendi anche mio l’umano bisogno di essere salvato. E, prima o poi, rendimi davvero padre. Concedimi di generare un brandello di vita qualsiasi, fammi sentire che cosa significa cedere all’amore anche davanti al rifiuto. Ti prego, Padre nostro, donami di amare così tanto qualcuno da sopportarne il rifiuto, da sognarne il bene soltanto, da perdonarne la violenza. Rendimi fraterno al destino dell’uomo. Che il mio pregare sia principio di incarnazione. Padre nostro, mentre tuo figlio muore in croce, io decido di smettere di recitare. Partoriscimi padre!
(Alessandro Deho’ PADRE NOSTRO ed. Paoline)