
Crocetta, rosa d’inverno. 8.1.22
Ridammi l’esilio
Battesimo anno C 2022
Ridammi, ti scongiuro, l’esilio, ridammi il vuoto, la distanza, la mancanza. Ridammi la forza di scavare a mani nude il sepolcro da cui implorarti. Ridammi la febbricitante lucidità di chi spolpa le proprie illusioni. Ridammi il coraggio di misurarmi ogni istante con la morte che, dolorosa amica, mi scongiura di non credere che sia tutto e solo qui. Qui è solo il tempo del rischio, quello di abituarsi, addestrare la vita a rispondere nelle piccole cose, qui la trappola della dolcezza, la fede consolante dei baci e l’illusione di una qualche sciagurata felicità. Ridammi, ti scongiuro, la fame degli inizi, sprofondami nel tempo del lutto, fammi masticare il male che mi abita, non concedermi subito il perdono, fammi travolgere dalle mie miserie. Affogami nei miei limiti. Non avere fretta, non avere fretta mai, di portarmi nelle praterie dell’accettazione. Liberami dalle utopie che impongono paradisi artificiali. Ridammi l’esilio, quello che si apre nascendo, gridami sul muso che questo nostro vivere è solo Babilonia e che il rischio maggiore sarebbe di abituarsi, credere che siamo fatti per restare. Ridammi il dolore e non liberarmi dai volti amici che, sono sicuro, mi chiamano dall’Altrove a cui sono chiamato. Sono i morti a pregare per i vivi, loro sentono la mancanza e io non posso deluderli. Ridammi padri che non abbiamo paura di vedermi soffrire, dammi di rotolare nelle assenze, e di annientarmi di nostalgia. Ridammi la compagnia dei morti, siano il coro di ogni mio giorno. Ridammi di sprofondare nel male, nel mio, che è poi quello del mondo, che non abbia paura di guardare alla mia miseria, solo così la preghiera può sciogliersi in pianto e implorare liberazione. Ridammi l’esilio dalle mie parole, che ogni mia frase sia epigrafe e implorazione e mai, mai, ti prego, adulazione per questo mondo che non deve bastarci mai. Rimettimi alla scuola dei poveri, di quelli che bestemmiano la vita, di chi si sente tradito da eccesive promesse, da chi ha scoperto che i giorni sono solo esplosioni nel cuore, a trasformare in cratere ogni nostro passo. Ridammi l’esilio, quello che rende la morte alleata, riportiamola a casa insieme, chiediamole di restare, raccontiamola ai nostri figli, sorella che tiene la mano per portarci, alla fine, a casa. Ridammi l’esilio di un mondo fatto di tende e non di palazzi, di polvere e non di asfalto. Ridammi ossa che bruciano di mancanza e carne sempre crocifissa ai bisogni. Ridammi la sete, la fame, la paura, l’angoscia e i sensi di colpa di quando oso dirmi che in fondo mi basta quello che ho, quello che sono. Ridammi la morte che squarcia le illusioni, che umilia le catechesi saccenti, che compatisce i predicatori ingenui. Ridammi l’inconsistenza dei progetti, l’impalpabilità delle leggi, la frantumazione delle arroganze, la dissoluzione dei buoni propositi. Ridammi una fede che abbia le stigmate trapassate e il buio negli occhi. Ridammi un motivo per scongiurarti. E se un giorno dovessi darti per scontato, ti prego, toglimi anche la fede in te. Battezzami nella mia miseria, affogami e toglimi il fiato fino a quando non torni a scongiurarti. Ridammi una predicazione che non si accontenti di plasmare obbedienze, ridammi il grido gelido dei lebbrosi e il tuo cadavere sul Golgota a sfidare il Cielo. Che si apra, che ti accolga, del resto non sappiamo cosa farcene, non ci basta più. Ridammi le preghiere senza grammatica, le implorazioni sfacciate, il coraggio di chiedere conto a Dio. Ridammi l’esilio del vivere, quello che hai solcato anche tu. Ridammi parole che sappiano di eternità, di resurrezione, della grande sfida tra vita e amore, e non tra vita e morte, la morte ci è sorella, compagna, salvifico appiglio. Non voglio qui l’oro con cui rattoppare le cicatrici dei cocci delle mie azioni, adesso lascia che mi tagli con i frantumi dell’esiliata mia vita, sanguini ogni mio dolore, emorragia di facili consolazioni, l’oro lo pretenderò alla fine, lo pretenderò tutto, affogherò nell’oro, ne berrò fino alla nausea, perché me l’hai promesso. E io voglio crederti ancora. Liberami da letture moralistiche e infantili, la sobrietà, la giustizia e la pietà siano le punte acuminate a impedire alla mia fame di cicatrizzarsi, ridammi la coscienza di essere ferita aperta, smarginata, implorante. Ridammi la forza di credere che il cielo si possa squarciare come a tagliare con lama il ventre di una animale, ridammi di implorare viscere calde di Spirito e una pioggia di fuoco su questo nostro esilio chiamato vita. Non basta l’acqua, non il battesimo, non le piccole consolazioni, non una fede senza resurrezione, mi nausea una morale che non cammini il confine del morire. Ridammi la forza di non retrocedere, di seguirti fino alla fine, e di capire che Tu sei la fame e la sfida, che tutto si sveli in terra d’esilio, che tu ci chiedi solo di tornare, che ci prometti un posto, che siamo come in temporanea migrazione. Ridammi ogni giorno di poter sprofondare in te, nella tua di fame, nel tuo infinito bisogno di Eterno. Nella tua fame di me.
Dal libro del profeta Isaìa
Is 40,1-5.9-11
«Consolate, consolate il mio popolo
– dice il vostro Dio –.
Parlate al cuore di Gerusalemme
e gridatele che la sua tribolazione è compiuta,
la sua colpa è scontata,
perché ha ricevuto dalla mano del Signore
il doppio per tutti i suoi peccati».
Una voce grida:
«Nel deserto preparate la via al Signore,
spianate nella steppa la strada per il nostro Dio.
Ogni valle sia innalzata,
ogni monte e ogni colle siano abbassati;
il terreno accidentato si trasformi in piano
e quello scosceso in vallata.
Allora si rivelerà la gloria del Signore
e tutti gli uomini insieme la vedranno,
perché la bocca del Signore ha parlato».
Sali su un alto monte,
tu che annunci liete notizie a Sion!
Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri».
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Tito
Tt 2,11-14; 3,4-7
Figlio mio, è apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo.
Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.
Ma quando apparvero la bontà di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati,
non per opere giuste da noi compiute,
ma per la sua misericordia,
con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo,
che Dio ha effuso su di noi in abbondanza
per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro,
affinché, giustificati per la sua grazia,
diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 3,15-16.21-22
In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco».
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
una preghiera che ricorda i Salmi cantanti nell’esilio dal popolo ebraico! Capisco e percepisco il dolore e lo smarrimento, la voglia di un Dio totale che travolga le nostre vite vissute, spesso, in fretta senza la capacità di “gustare in profondità”…. grazie Alessandro
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Dalla foto che hai messo, è vero, le mie rose d’inverno in campagna sono un concentrato di colore e profumo. come queste tue parole di preghiera ricca e profonda. Ti ringrazio, Serena
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