Ma ci macina a sangue ventunesima domenica del tempo ordinario B

dintorni 20.8.21

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?».
Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono».
Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Ma ci macina a sangue

XXI domenica del tempo ordinario B

Certo che è una parola dura questa, perché non rimane sospesa nell’aria, perché si incide nella carne e non lascia scampo.

Certo che è duro il Verbo del Vangelo, che scende a trafiggere la pesantezza del corpo, che graffia le arterie, che si raggruma nelle vene. Duro il Verbo che non elude mai il corpo.

Dura come la morte è questa parola che non ci scampa dalla nostra finitudine. Che non ci sottrae dallo scandalo del male. Del dolore. Del morire. Dallo scandalo di essere ancora vivi e di avere il coraggio di rivolgerci a Dio come fossimo figli ubbidienti.

Certo che è dura la Sua parola, e sempre lo sarà, perché non fugge le ambiguità di noi povere creature, perché troppo innamorata dell’uomo vero con i suoi errori e i suoi orrori, dura perché non si arresta davanti al sangue, al tradimento, al fango, al fallimento, alla lebbra. Dura della pesantezza che la precipita dentro, fino in fondo, a rischio di dissanguarsi, di svanire, di perdersi.

Certo che è dura la Sua parola, perché non illude, non risolve, non risponde ai bisogni. Certo che è dura perché non moltiplica pane ma ci macina a sangue.

E il vero scandalo siamo noi, che ancora ci lasciamo sedurre da un amore senza morte, da una vita senza ombre, dall’utopia di una vaga perfezione che lascia solo scie di dolore e illusione. Da una fede senza croce. Da una Chiesa senza Vangelo. Da un annuncio senza resurrezione. Da una spiritualità senza carne. Da una fede senza incarnazione. Da un Dio scandalosamente senza l’Uomo.

Salvaci Signore da noi stessi, mandaci via se non ci vogliamo crocifiggere al reale.

Certo che è dura la Sua parola, vero scandalo è una predicazione che non scandalizza più, che non infastidisce, che non costringe ad uscire sbattendo la porta, che non manda in frantumi certezze, che non fa mai bestemmiare il cuore. Che non ci permette di maledire il giorno in cui siamo caduti innamorati del Signore. Che riduce ogni cosa a morale. Vero scandalo è disarmare il Verbo.

Chi può ascoltare? Chi è precipitato nello smarrimento, chi è povero, disperso, ammalato o almeno vagamente innamorato. Chi può ascoltare davvero? I disperati, i poveri cristi traditi dal potere, i segnati dalla morte, gli impauriti, gli scarti, gli inutili. E chi si sente finalmente tale. Solo loro stanno, a orecchi trafitti, a cuori srotolati come fossero sempre sulla cima delle Beatitudini. Solo loro stanno, inermi e trafitti, perché solo uno scandalo può salvarli.

La Parola è ustione, corrode, scortica. Non resta che raccogliere manciate di coraggio per provare a lasciarla fare. Almeno qualche volta, almeno per sfinimento, almeno per disperazione. A lasciarla procedere in noi.

O riconoscere e accogliere il giorno benedetto in cui non se ne può più, quello in cui si sogna solo di andarsene da Lui. Volete andarvene anche voi? Gesù sembra aprire lo spazio della fuga, comprende l’allontanamento, quasi facilita la ritirata. Forse ha provato ad andarsene anche lui. Ne sono quasi sicuro. Accade un giorno, ed è prezioso, ed è pericoloso, in cui si smette di costruire la propria vocazione e si cade e ci si nasconde e si tenta di ammainare le vele e di fare come se Lui non fosse mai esistito. Giorno in cui si accetta la distanza tra la nostra e la Sua volontà. Ed è doloroso persino pregare il Padre Nostro.  

Ma se nella fuga si inciampa in residui d’amore ecco che si rischia di cominciare ad obbedire davvero. Solo chi ha desiderato di andarsene può capire che la Sua richiesta è scandalosa, che si vorrebbe fare a meno di Lui e non si riesce. Solo chi ha provato a scappare sa bene che nessuno può venire dietro a me se non gli è concesso dal Padre ma anche che spesso quello che chiede il Padre non è quello che desideriamo noi. Solo chi ha desiderato davvero di andarsene lo sa che tornerà la tentazione di mettere distanza.

Pietro non sa dove andare, è affascinato dall’idea di eternità, così rimane. Forse basta anche solo questo, sentire che non c’è altro posto e riconoscere che pensavamo fosse diversa la vita dietro a lui, e accettare la delusione ma, alla fine, rimanere. Almeno fino al prossimo tradimento.

Così ora restiamo, sfiniti e provati dalla nostra mediocrità, restiamo perché non sappiamo dove andare. Restiamo perché siamo inciampati in un innamoramento che non si è del tutto dissolto. Restiamo nello scandalo di essere stati scelti da un Amore più grande di noi e che non abbiamo ancora capito e che spesso abbiamo travisato. Restiamo e basta, così come siamo. E quello che speriamo di poter chiamare fede è dirlo, semplicemente dirlo, che non sappiamo dove andare, e svestire i panni solenni delle giustificazioni.

Restiamo perché non sappiamo dove andare (almeno fino al prossimo tradimento, alla prossima fuga). Sicuri che questo non scandalizza il Padre, ma lo fa sorridere di noi e con noi.