
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Perché poi bisognerà pure arrendersi
alla vitalità
della morte,
che chiede spazio,
e crea deserti
in disparte
come marea che svuota
e lascia fondali
ad elencare i relitti dei sogni
i vascelli affondati
le antiche ingenue
dolorose
speranze.
Bisognerà pure smettere di negare
la vitalità della morte
se anche l’Uomo nel deserto
sceglie di evidenziarne il profilo,
se anche lui
piange in disparte il Profeta vittima
della noiosa ripetitività
del potere.
Bisognerà pure arrendersi
alla vitalità dei morti che camminano
portando il peso dei fallimenti,
folle di smarriti
in fuga da un vitalismo senz’anima,
folle di massacrati dalla competizione,
scartati del potere,
eppure così belli,
spaventosamente simili
a me e a te
che leggi e sorridi e fingi
di essere tra i prescelti
ma poi di notte
nel deserto
in disparte
ti chini a baciare il cuore
in cerca di colui che cura.
Bisognerà pure baciarlo sulla fronte
quel ragazzino coraggioso
che nel cuore della liturgia piange
la sua fame.
Affamati, i santi sono bambini affamati
fatevene una ragione, liberi
di dire che hanno solo fame
cosa c’è di male?
sotto il rosone,
solo fame di essere amato
nella navata del sacro
perché mi guardate sospettosi?
tra i banchi imbalsamati
il mio corpo chiede vita.
Bisognerà pur dire un giorno che miracolo vero
è la moltiplicazione della parola fame
fame
fame
è non aver timore di chiedere pane e carezze e lacrime.
Per sé.
Bisognerà pur dire
un giorno
che ai discepoli l’altrui fame fa paura,
come ai preti paura fa l’altrui fragilità
“congediamoli” dicono, con tratto di
clericale e violentissimo
falso pudore.
Sedetevi nel ventre del vostro bisogno
invece
ora che l’erba è profumata di tramonto
Prendete quel che c’è. Tanto? Poco?
Domanda priva di fantasia
Tutto grida il bambino affamato.
Portate i vostri occhi al Cielo
E voi dodici fermatevi ancora un poco
in questo deserto
in disparte,
non abbiate paura
e contate
dodici
non abbiate paura
di diventare ceste di pane avanzato.
Avanzato.
Lo scarto fa procedere.