Perché? (Santa Famiglia)


(Luca 2,41-52)
Santa Famiglia C 2024




I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme
perché, come il succedersi delle stagioni
così accade il sacro,
nella fedele ripetizione delle primavere,
ogni anno,
in un perpetuo rito
che solo ad occhi tristi appare identico

Quando ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa
con questo enigma accanto
con questo figlio misterioso
che, come tutti i figli,
è stato forse annunciato,
da un angelo,
o forse no,
dodici anni di miracolosa normalità
di ossa muscoli
e di un cuore uguale a tanti altri
dodici anni di ginocchia sbucciate e
lacrime e giochi inutili nel cortile,
dodici anni che avevano confuso i ricordi,
dodici anni in cui i messaggeri
avevano taciuto. Un muro tra terra e cielo,
inutile interrogare l’Infinito,

così questo ragazzo si portava addosso la solitudine,
quella di chi non riesce a capire
il perché del crescergli attorno,
come gramigna,
tanta muta feroce attesa.

Serviva frantumare la consuetudine,
serviva finalmente perderlo,
non c’era alternativa,
così è la fede,
che non procede mai per accumulo
ma per smarrimenti
per morti improvvise

trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno,
forse con la delusione di aver visto solo l’ordinario ripetersi
forse semplicemente abituati
lasciarono Gesù a Gerusalemme

senza che i genitori se ne accorgessero

Sì, si smette semplicemente di accorgersi.
Si smette di accorgersi dell’infinita potenza nelle piccole cose,
si smette di accorgersi che è il reale a svelare l’Invisibile
si smette di accorgersi della vita che canta la sua fedeltà al Creatore

(e forse morire
è solo questo
smettere di accorgersi,
è scivolare nell’abitudine,
così finiscono anche gli amori).

Serviva rompere il cuore
trapassarlo:
credendo che fosse nella comitiva
fecero una giornata di viaggio

dimenticandolo, dandolo per scontato,
accontentandosi di credere di sapere già tutto di lui.
Credendo di non aver più bisogno di sorprendersi.

poi si misero a cercarlo tra i parenti
perché è lì che cerchiamo le risposte
tra ciò che già conosciamo,
tra i libri già letti, le decisioni già prese,
le cose già sperimentate,
invece l’Inedito chiede di tornare da capo
e di confessare,
al Tempio,
di averlo smarrito.

Di non sapere più nulla di lui,
di aver creduto di credere,
di dover deludere la sacramentale litania
delle feste,
di doversi presentarsi a mani nude al tempio
confessando di non sapere più nulla,
e di non averlo mai nemmeno capito
forse d’averlo solo partorito.

E così Dio diventa finalmente un estraneo
e noi pellegrini smarriti
e forse la nostra iniziazione cristiana serve solo a questo:
a portarci allo smarrimento.

Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio
e fu come morire
tre giorni, le statuine del presepe in frantumi
i cocci ovunque, lì, sul pavimento,
ai piedi di un irriconoscibile che non insegnava
ma che seduto in mezzo ai maestri
li ascoltava e li interrogava

e finalmente lo stupore,
sulle labbra di Maria,
che ebbe conferma del dolore della fede
(sì, del dramma a cui viene crocifisso
chi decide di affidarsi)

Perché ci hai fatto questo?
Perché ancora ci costringi a cercarti?
Perché ti nascondi?
Perché ingravidare il ventre delle nostre innocenze
per poi umiliarci, abbandonarci?
Perché ci hai fatto questo? Obbligandoci
a una fede che sempre ci riduce a perenni cercatori,
che ci mortifica riducendoci al rango di mendicanti,
perché questa condanna ad avere le mani perennemente vuote?
Perché ci costringi a parlare di te solo per assenza?
Perché continui a farci questo,
impedendo di poterti esporre,
di poterti spiegare,
impedendo di possederti,
impedendo di dire al mondo che ti abbiamo tra noi?
Perché scappi, perché ti nascondi?

Perché continui a rimanere in silenzio?
Come fossimo sempre a Nazaret
come tu fossi un ordigno pronto ad esplodere
come tu fossi la nostra salvezza
o la nostra rovina
o la nostra onnipresente pericolosa mancanza…?