Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro». (Ezechiele)
E nella Tua cocciutaggine, lama tra le carni delle nostre sicurezze, continui la tortura dei profeti.
Sempre in mezzo, a infrangere la geometria delle ore, il dominio degli appuntamenti, a deridere la nostra vita inebetita.
In mezzo tra i piedi e i pensieri, incastrati tra i denti, fastidiosi col loro tedio d’infinito.
Inascoltabili dragano i margini, improponibili relitti da marciapiede, folli fallati, esiliati esaltati, mendicanti orgogliosi, diabolico presentarli gridanti grondanti vendette.
Imprigionati da camicie di forza superiore a tentare di contenere l’Incontenibile, intubati e legati capri espiatori di un mondo che finge di funzionare.
Come quelli che dormono sui cartoni della stazione ci guardano passare con gli occhi acquosi che puzzano di vino con gli occhi di chi piange per non saper più chi benedire.
Sono lupi travestiti d’agnelli a guardia del gregge delle nostre finte sicurezze.
Loro malgrado Ti ascoltano ancora, loro, forse elemosinando, in questa triste fase di deboli pensieri, (e di sentimenti ancora più ansimanti) almeno la reazione di un cuore ribelle, uno solo, un minimo di rivolta, un sussulto di opposizione. Invece annegano tra le ombre degli improbabili, e tra le ombre si chiedono se il loro agire sia davvero profetico, (ma non si domandano per chi, per non crepare il residuo di cuore).
Perchè continui a torturarci di profeti? Li nascondi, li mimetizzi, dal nostro niente ci osservano, compatendoci.
è stata data alla mia carne una spina (Seconda Corinzi)
A guardia del profeta, una spina, nella carne, a torturarlo. Non è migliore è solo prescelto, suo malgrado.
Non esiste profezia senza sofferenza, la loro preghiera è un pianto nascosto nell’angolo della debolezza.
Il profeta sconta vivendo la distanza tra il messaggio e la pochezza.
Il profeta è l’uomo umiliato dalla tua troppa grandezza.
«Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?» (Marco)
Anche Cristo nel suo profetico agire fallisce. Distanziando suo malgrado le parole tra terra e cielo, scontando una sapienza fuori luogo, mostrando mani che solo altri battezzarono prodigiose, pagando la realtà d’essere un falegname. E di essere impigliato come tutti nella ragnatela di famiglia.
Ed era per loro motivo di scandalo. Fallisce, unico modo per scoprirsi scandalo, inciampo, per cominciare a chiedersi chi fosse davvero questo: ancora un padre? Colui che tende tranelli, quello che li lascia ammazzare, uno per uno, i profeti.