Io so che tu sei un impasto di storie, che sei mitologia, che sei narrazione geniale, che sei uno di quei racconti che non ti dimentichi più. Non ridere Noè, io lo so.
Lo so che tu sei solo una storia, geniale e indimenticabile, lo so che non esiste diluvio e che è impossibile far ripartire la vita dai sopravvissuti di un’arca. Lo so. Ma io so anche che tu sei dannatamente vero, per questo adesso mi sorridi, silenzioso come sempre e complice. Io so che tu vivi, che hai fatto arca nel cuore di tutti i sognatori, tu, primo tra i folli, costruttore di navi senza mari, ubbidiente a un Dio quasi sconosciuto. Tu primo esploratore e custode del creato.
Noè, io lo so che sei immortale perché qualche volta ti ho incontrato. Eri negli occhi di chi osava salpare in un mare di morte, nello sguardo di chi silenziosamente ubbidiva alla vita disubbidendo al buon senso, io ti ho visto nel coraggio di chi aveva l’Infinito tatuato sulle pareti del cuore e continuava a perdonare un figlio anche dopo l’ennesimo diluvio di sbagli. Io ti ho incontrato in chi, ubriaco di acqua e di vino, non riusciva a trattenersi dall’affogarsi di vita, perché amava, nonostante le delusioni che la vita stessa, spesso bastarda, gli aveva riservato.
Io ti amo Noè, io so che esisti, da quando sono nato non ho smesso di cercarti, so che esisti perché tu mi hai trovato, quando preso da un diluvio di mediocrità ti sei aggrappato agli occhi di chi, fidandosi di me, mi ha permesso di ricominciare.
Noè io ti ho visto, e ti ho cercato, e sono qui oggi per chiederti come si può amare così tanto la vita da credere, davanti a un mondo in frantumi, davanti a un Creatore che si pente delle sue creature, come si fa a credere che valga davvero la pena salvare un seme di umanità da cui ripartire? Come si fa? Perché è questo il segreto delle persone buone Noè, questo è il tuo segreto, come si fa a riconoscere quel poco di vita in mezzo al naufragio? Quel quasi niente di buono in mezzo alla cattiveria e alla menzogna, al dolore e al tradimento? Come si riconosce? Come si dilata? Come ci si fida del bene anche quando è poco o niente? Come si regge alla solitudine di quando si chiude fuori ciò che non vuole essere salvato?
Io so che tu esisti Noè, lo so per certo, perché se la storia è arrivata fino a noi è proprio grazie a persone che come te hanno creduto che anche un briciolo di vita potesse bastare a tenere in piedi l’universo. Ma come si fa?
Mi guardi, sorridi, silenzioso. Non dici nulla.
Siete presi per matti. Costruire un’arca prima della pioggia, atto folle e rivoluzionario. Sì, rivoluzionario, perché la rivoluzione si costruisce, la rivoluzione è un atto pratico, è prendere un pezzo di mondo, avere a progetto una grande noce di legno e trasformarla in culla, in grembo, in custodia, utero protettivo contro la disumanità della vita. Questa è rivoluzione vera, l’unica in cui ancora credo: costruire arche di resistenza contro i diluvi della menzogna, della mediocrità, dell’arrivismo, della carriera. Arche contro il diluvio di parole inutili, brutte, cattive, impaurite. Arche contro tutto ciò che non è umano. Rivoluzionari sono i fabbricanti di arche di vita buona, costruite con il legno della parola o con i mattoni del vivere quotidiano, ognuno scelga i suoi, purché servano per costruzioni vere e abitabili. E ospitali. Se io ti cerco è per chiederti come posso, io, adesso, non cedere alla tentazione del diluvio, prendere la mia dose di follia e costruire un’arca piccola, minima, ma vera! E soprattutto non definitiva.
Sì, perché non si può vivere in eterno in un’arca, è una delle cose che preferisco di te Noé: che dalla nave sei sceso e l’hai dimenticata. Perché l’arca non può essere infinita, è solo un mezzo.
C’è anche una seconda cosa che amo di te Noè e che è ancora più preziosa della prima: appena toccato suolo, dopo la danza di corvi e di colombi, dopo che la vita è ripresa grazie all’amore maschile e femminile, dopo aver fatto piazza pulita degli uomini malvagi… dopo tutto, il mondo è rimasto corrotto. Dopo il diluvio il mondo non è migliorato! Tu e i tuoi figli avete rimesso in piedi una società per niente perfetta. Non hai risolto nulla Noè! Sai perché? Perché la vita non si risolve.
Dio avrebbe ancora oggi mille buone ragioni per sbarazzarsi di noi. Per mandare un diluvio definitivo, ma non lo fa. E a me piace tanto questa cosa Noè, mi sembra la cosa più preziosa che ci hai insegnato: errore vero è credere che l’uomo sia come la pagina scritta male di un quaderno, errore vero è credere che basti stracciare l’errore per risolvere i problemi. Non è così. Anche Dio lo ha dovuto imparare. Non ha senso eliminare i problemi occorre trasformarli in possibilità. Davanti a vite apparentemente da cancellare il lavoro da fare è nello sguardo di chi è chiamato a riconoscere il bene possibile, anche piccolo, proteggerlo e costruire le condizioni perché possa moltiplicarsi.
Sfida vera non è eliminare chi sbaglia ma trovare il coraggio di costruire alleanza, parola che con te ha cominciato a essere messa al centro del nostro rapporto con Dio. Alleanza è parola buona e affidabile, è la parola-arca che permette alla primavera di attraversare l’inverno, è parola rannicchiata nelle gemme e nella fecondità degli animali, nasce dove nasce un bambino e dove si trova il coraggio del perdono.
Noè tu sei stato il primo a raccontarci, con una storia maestosa, che sapiente e coraggioso è l’uomo capace di quella follia incredibile che chiamiamo alleanza, che è lo stare dalla parte di chi forse ci deluderà, di chi già ci ha tradito una volta, di chi magari non capirà, alleanza è decidere di appendere l’arco della violenza al cielo per abbracciare la parte feconda che c’è in ogni uomo, proteggerla, custodirla, perché possa fiorire.
Noè tu sei il volto delle persone che ci tengono in vita anche quando pensiamo di aver sbagliato tutto, anche quando non meritiamo. Perché l’amore non si merita, l’amore è un’arca che porta in salvo la vita.