
Dal Vangelo secondo Luca Lc 12,49-53 In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
Fai tu, ti direi, se avessi coraggio
XX domenica del Tempo Ordinario C (Luca 12,32-48)
Cosa ce ne facciamo ora di te?
E di questa fede che dovrebbe bruciare le sillabe sulle labbra, cosa ce ne facciamo?
Di questo fuoco impossibile da domare, di questi versetti incomprensibili,
incomprimibili?
Cosa ce ne facciamo di questa lava che scorre tra le arterie,
di questo fuoco scagliato a piene mani,
di queste meteoriti di parole
che solo tu puoi affilare a pioggia sulle nostre mediocrità?
Cosa ce ne facciamo di una fede che ustiona
di una religione che non possiamo usare
di una morale che nel suo paradosso rimane insensata,
cosa ce ne facciamo?
Cosa ce ne facciamo di un Dio inchiodato nel fondo delle nostre miserie,
battezzato nella melma delle nostre infedeltà,
cosa ce ne facciamo di un Dio che invece di cancellare il putridume imbarazzante
ci chiede di conoscerlo fino in fondo il marcio,
di rotolarci dentro
prima di una resurrezione
che mai dimentica,
che porta a stimmate eterne il dolore e il peccato?
Cosa ce ne facciamo di una fede che porta conflitto
adesso che ci siamo abituati a predicare vane pacificazioni?
Adesso che, mentendo, crediamo di essere immuni dalle ostilità,
adesso che ci sentiamo unici paladini delle giuste cause
adesso che sappiamo bene quel che il mondo vuol sentirsi dire
adesso che fingiamo di essere così limpidi da risultare trasparenti?
Adesso che i conflitti vogliamo sempre solo gestirli
e non reggiamo più il peso dell’opposizione
e fingiamo di dimenticare il male che ci abita?
Adesso che tutto abbiamo imparato a mettere in pari
adesso che predichiamo solo buone prassi
adesso che siamo i paladini del buonsenso,
ecologici e riciclabili,
adesso che chiediamo perdono ma solo per ciò che è stato fatto nel passato,
adesso che non abbiamo ancora il coraggio di lasciare che il fuoco
illumini a giorno le falsificazioni delle nostre attuali miserie,
cosa ce ne facciamo di te?
Adesso che il fuoco fa paura
perché dovremmo farci marchiare a fuoco come le bestie
prima di parlare,
o bruciare le labbra,
che la profezia è dolorosa o non è.
Cosa ce ne facciamo di te
se il fuoco scagliato fa troppo male
se non vogliamo immaginarti angosciato
se abbiamo bisogno di credere solo a un messaggio che porti pace tra le famiglie
mentre pace non è mai, e sempre due contro tre,
ma innamorarsi di te non frattura quasi più.
Cosa ce ne facciamo di te se sei solo
pace nel fondo del cuore
sorrisi sulle labbra
riparo dal dolore
se sei solo la scusa che ci abilita a spiegare al mondo come deve vivere bene
noi che in verità dovremmo essere figli di un rinnegato messo a morte per
anarchico amore?
Noi figli dello scandalo.
Cosa ce ne facciamo di te se ci sentiamo sempre e solo immuni
sempre e solo dalla parte dei giusti, o delle vittime,
cosa ce ne facciamo di te se il fuoco non è mai per noi?
Cosa ce ne facciamo di te
se non sei quello che ci hanno insegnato a pregare
se non sei quello che ci hanno insegnato a predicare
se non sei quello che ci hanno insegnato ad addomesticare?
Se non avessi paura
se non temessi di essere annientato
ti chiederei la forza di non volermene fare più niente di te.
Fai tu, adesso, ti direi,
incendia brucia battezza dividi
fai tu, di me,
ti direi,
se avessi coraggio.