
Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
Amati e niente più
(Giovanni 20,1-9)
Pasqua anno B 2021
Per tutte le Maddalene
parvenze d’inizio
per il loro cuore profumato
per la luce premuta nel vaso
per la primavera
per lo scorrere delle assenze
per la ragnatela di speranza intessuta sul Nulla
per lo sfrontato modo
di prendere in controtempo le nostre paure
per tutte le Maddalene che ci vivono dentro
per l’Amore che sposta i macigni
per il loro coraggio
per l’Amore che in loro
è libertà
ma solo dalla disperazione
per la loro vita schiava
dell’Assente
che strega i cuori.
Per le Maddalene e le loro traiettorie
per quando non sappiamo stare al loro passo
per il loro modo di non dare sentenze
per la corsa nel buio
per saper confidare lo smarrimento
Perché non è credibile il loro grido
l’hanno portato via
ma anche a noi manca
e non sappiamo
non lo sappiamo ancora
dove l’hanno posto. E non lo sapremo
non ora
non qui.
Per le Maddalene che ci portiamo dentro
che non sanno
e non sapranno che solo nell’attimo esatto
dell’ultimo inciampo.
Per Pietro
pesante e goffo
sempre un passo dietro l’accadere
smarrito a se stesso
incapace d’amore, incapace di morte
per il mediocre
cuore ingolfato
per la sua e nostra lentezza
per essere almeno caduto nel sepolcro
peso morto
franato nella voragine del Sacro Niente
unico merito da ascrivere a santità
la morte, almeno per un istante
per averlo visto da lì, piegato come il sudario
inutile e ordinato
il mondo
dal pontificio trono
che è tomba e assenza
per il Pietro che pesantemente non sa
se voglia ancora
credere
e in cosa e in chi
per quando anche noi siamo morti
e abbiamo visto il mondo
dalla tenebra,
per la prospettiva nuova
che anticipa il Passaggio,
Per l’insopportabile discepolo amato
che è solo un’ombra
di luce
un rapido silenzio
l’arrogante cinguettio del pettirosso
per i suoi occhi presuntuosi e aperti
per l’istante
che anche noi conosciamo
per l’attimo consapevole
per la sicurezza di aver capito
per quando ci pare tutto chiaro
per quando, per fortuna, tutto passa
e rimane come il gusto di una nostalgia
di quella Pasqua che sarà.
Ma non ora
non qui.
Per quando ci lasceremo finalmente amare
perdendo il nome
discepoli solo della nostra fame
per quando smetteremo di predicare, di fare l’amore, di costruire e perfino di bestemmiare
per quando smetteremo,
smetteremo anche di respirare,
e ci lasceremo fare
solo fare
amati
e niente più.