Gesù uccide Dio (Matteo 4,1-11 ) I Quaresima anno A

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foto: Bosco della Madonna del Monte

Liturgia Parola I Quaresima anno A

Gesù uccide Dio

(Matteo 4,1-11 )

I Quaresima anno A

 

Non fare nulla, resistere, lasciare che le pietre continuino ad essere pietre, sperare che il pane sia condiviso per contrazione cardiaca di fraternità e non per imposizione divina. Resistere alla tentazione di riuscire, di apparire e di risolvere. In qualche modo resistere alla tentazione di essere Dio, di essere Dio come l’uomo lo immagina. Gesù quel giorno, e per tutti quelli successivi, Gesù decide di iniziare a uccidere Dio. Di uccidere l’idea di Dio che abita il cuore dell’uomo. E non ci riuscirà. Non ancora.

Nel deserto, faccia a faccia con il Divisore, tentazione unica per mostrare l’onnipotente divina natura, lotta a viso aperto, vita e morte in prodigioso duello, tentazione vera, quel giorno, come sempre, è: attaccare, mostrare, violentare a fin di bene, tentazione vera è schierare le potenze divine, umiliare il male, usare la forza. Ma forse non esiste nessuna schiera, e sicuramente quella non è volontà di Padre. Allora non resta che fallire, deludere l’uomo, mostrare che non esiste un Padre che trasforma in pane i sassi, non esiste un Signore che interviene a sostenere mentre si butta la vita, non esiste un Amore che usa il potere in nome del bene. Non esiste quel Dio, quel Dio va ucciso, con tutti i rischi del caso. Primo rischio tra tutti sarà che senza questa idea l’uomo non capisca più perché deve credere in una qualche divina inutilità. Non è facile uccidere Dio. Scelta che nessuno vuole davvero. Tanto che questa idea del Dio Onnipotente che ferma le guerre e i virus e fa miracoli se preghi continua a risorgere senza pietà. Tentazione vera è sapere che uccidere quel Dio è e sarà inutile perché l’uomo alla fine lo terrà sempre in vita. Gli serve, appunto. Per abitudine, per sopravvivenza o semplicemente per paura ma gli serve, gli si inchina davanti e a lui sacrifica.

Nient’altro che fallire. Agli occhi del mondo mostrarsi inutile e perdente, far scivolare via la sfida, in qualche modo imparare a essere fedeli a quel silenzio che rimarrà impenetrabile e scandaloso perfino sul Calvario. Un Padre muto, oltre le nuvole, mentre il figlio, sotto, muore per amore. Dramma senza precedenti. Dio è morto, in nome dell’umana libertà. Dio continua a morire per l’umana libertà. Mentre l’idea di un Dio religioso e potente, di un Dio della difesa delle tradizioni, ma anche di un Dio affidabile perché dialetticamente affascinante, o di un Dio vicino perché schierato solo con gli ultimi, o di un Dio comunque utile per riempire i nostri bisogni resiste senza pietà. Un Dio che non si arrende al silenzio continua a resuscitare, a rinascere, cocciuto come la nostra paura. Ognuno ha il suo Dio: preti, teologi, catechisti, missionari, santi, tradizionalisti, progressisti, politici, parrocchiani, veggenti, io e te che stai leggendo… ognuno ha il suo Dio e lo difende. Gesù invece prova ad ucciderlo.

Io non lo so se il Signore induce o non abbandona alla tentazione ma so bene, perché lo scrive il Vangelo, che il deserto, la fame e il ricordo di Esodo, non sono una sventura ma lo spazio che lo Spirito sceglie per Gesù. Una rischiosa benedizione. Per Gesù. Perché quelle tentazioni, quelle del vangelo, non sono le mie, non sono le nostre, qui non si sta parlando della tentazione vaga del potere, quella banale, quella che prende ciascuno di noi, qui c’è altro, qualcosa di indicibile, qui c’è il Figlio che impara lo scandaloso Silenzio del Padre. Qui c’è un Figlio che decide di deludere l’uomo in nome di una libertà che l’uomo, sinceramente, non sembra meritare mai.

Deserto, spazio della fame. Luogo che rende selvatici, come tigri, quando la fame azzanna il cervello, quando quello che rimane dell’uomo è un corpo minacciato, un corpo violento e pronto a tutto pur di sopravvivere. Gesù si fa davvero uomo, più ancora che in quella grotta di angeli e pastori. Qui Gesù incarna la natura dell’uomo che ha fame, di quello che siamo davvero quando la fame svela la nostra natura. Qui Gesù non parla astrattamente degli uomini ma si incarna nella nostra natura. Quando abbiamo fame diventiamo tigri violente. Quando abbiamo paura pretendiamo interventi divini. Quando non vogliamo morire ci inchiniamo a chiunque per essere rassicurati. Non sono tentazioni nostre queste, questa pagina è la descrizione più vera dell’uomo. Nel deserto, dopo quaranta giorni, Gesù si incammina nell’uomo, Gesù scende veramente nella nostra natura, ci svela per quello che siamo, senza finzioni, quello è il deserto e lì è chiamato a decidere: che razza di Dio vuoi offrire a queste tigri affamate di pane, sicurezza e potere?

Il divisore non ha dubbi: serve un Dio facile, uno che riempia i vuoti, questo chiedono, di questo hanno bisogno. E Gesù ci pensa, sente che in qualche modo è vero ma lotta. Il divisore non ha dubbi, l’unico Dio che continueranno a pregare anche dopo di te, Gesù, è quello che risolve la vita, che moltiplica miracoli, che è onnipotente. Gesù lo sa. Questa è la tentazione. Drammatica.

Ma Cristo sceglie di colpire quell’immagine di Dio, la colpisce a morte e continuerà ad ucciderla per tre anni, sapendo bene che quell’omicidio sarà la sua condanna a morte. Credo che Gesù sia figlio di Dio proprio perché uccidendo l’idolo si condanna alla croce.

Quel giorno nel deserto non è questione dialettica tra un Messia e il Tentatore, in gioco c’è l’uomo, c’è la grande tentazione: accontentare l’uomo e lasciarlo schiavo dei propri istinti o accettare di deluderlo, prestare il fianco alla sua banalità, consegnare dentro quel silenzio l’alibi per l’umano tradimento?

Io non so se il Signore induce o non abbandona alla tentazione ma so bene che quel giorno le tentazioni erano sue, erano così potenti da essere solo sue. E che se credo ancora in Dio è proprio per quel suo modo di uccidere la mia idea di Dio, anche se questo mi lascia sempre in cammino e insoddisfatto. Credo nel Padre per questa sua assenza, per questo suo silenzio, per aver fatto a pezzi le immagini di lui, anche e soprattutto le più devote. Io so bene, lo so ogni giorno di più, che credere è camminare incontro al silenzio, è uccidere l’immagine divina e consolatoria che cocciutamente risorge ogni mattina. Io so bene che tentazione è trasformare, accontentare, dimostrare, scendere dalla croce. Io so bene che tentazione vera è non fallire, non perdere la faccia. Vincere. Io so bene che ancora non riesco a morire. Ed è per questo che ti ringrazio Signore, perché tu presidi il deserto e muori sconfitto e vedi quell’uomo libero e divino, a tua immagine, che ancora io non riesco a far nascere.

I Quaresima A 2020

8 commenti Aggiungi il tuo

  1. Maria Martello ha detto:

    Omelia onesta e dirompente. Nonostante tutto consolatoria perché fa piazza pulita di sovrastrutture soffocanti e mostra il volto nuovo dell’ umano: grande e solo.
    Uccidere il Dio del bisogno…
    Sento forte e urgente uccidere questa immagine di Dio! Immagine sistematicamente strutturata e argomentata dagli educatori alla fede. Fin da bambina, colpevolmente hanno nutrito le mie paure con l’ errata e dannosa idea che basta affidarsi e pregare il Dio onnipotente ed interventista.
    Ora vivo il deserto.

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    1. Maria Martello ha detto:

      Rettifico: dell’ umano grande e nello stesso tempo piccolo

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      1. Maria Martello ha detto:

        Un umano solo di fronte alle sue responsabilità

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  2. graziella ha detto:

    questi pensieri, mi liberano e mettono paura insieme, qnte volte ho avuto bisogno di sentirmi su ali d aquila o come un bimbo divezzo nelle braccia di una madre o di un padre.
    tutti noi abbiamo la nostra immagine di Dio, e non c è niente da fare, credo. difficile ascoltare ed ascoltarsi, facile è credere di avere finalmente incontrato quel Dio, quel Gesù di cui pensiamo di avere bisogno, un bisogno così grande da fare girare la testa.
    se Dio così ci ha creati, così ci ha voluti, liberi, e nello stesso tempo fragili, a me non rimane altro che dire, abbi pietà di me Signore, ti ringrazio Signore, non lasciare che io mi abbia mai a separare da Te.

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  3. daniela abati ha detto:

    Messaggio ricevuto Grazie mille don Alessandro

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  4. Vittoria Cavalleri ha detto:

    Far morire quel Dio, che protegge i potenti del male. Far morire quel Dio che provoca violenza. Far morire quel Dio che non ama la natura. Far morire quel Dio che non ci aiuta a essere migliori. Ecc…. Grazie don un abbraccio.

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  5. Pietro ha detto:

    Ti leggo da poco ma sono già innamorato. Grazie don Alessandro. Perdonami per il don ma mi rassicura

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