L’amore? Solo un brivido II domenica TO anno A

fuoco stufa 1

Crocetta, la mia stufa

Liturgia Parola II TO A

L’amore? Solo un brivido

(Giovanni 1,29-34)

II domenica Tempo Ordinario anno A

 

L’amore è il mondo che per un istante si ferma e ti appare diverso. Un brivido che diventa subito nostalgia e feroce ricerca, la sicurezza che in quel brivido tu ci vorresti morire. La certezza che sei venuto al mondo per vivere di quel brivido e per aspettarne un altro e, se hai una fede sfacciata, per sperare di renderlo, chissà, Eterno.

Come quando insegui il mondo per una vita, vivi di rincorse, sei convinto di doverlo conquistare e meritare questo passaggio sul terreno dei viventi, e sacrifichi tutto per meritare la convocazione e poi. E poi succede che ti senti come il Battista, che immaginiamo fermo e stupito… “vedendo Gesù venire verso di lui”. Il brivido. È Lui che cammina verso di te. L’avevi rincorso per una vita! Ne avevi parlato, avevi sacrificato tutto. Invece è la vita che ti cammina incontro, bastava fermarsi. Non dura molto purtroppo, è un brivido, appunto, ma è un risveglio, bastava fermarsi e accettare di essere preda di un amore.

Basta accoglierla questa vita, basta lasciarsi cogliere, disarmati e commossi, vulnerabili e accoglienti. Basta non fare niente che sappia di pretesa, basta allentarla la presa, basta non prenderla e non prendersela. Basta lasciare fare a lei, lasciarsi fare da lei, che poi è la cosa più difficile da imparare.

Solo se non fai niente, e per niente intendo nemmeno costruire sovrastrutture di pensiero, che è il fare più pericoloso, se non fai niente, se riesci a lasciarti toccare da quel Respiro svuotato, vedi come un Agnello venirti incontro. Non te l’aspettavi così il brivido, prevedevi violenza e durezza invece nessuna condanna, nessun Messia aggressivo, solo un agnello e mentre pensi che non era così che hai sempre affrontato la vita… ecco che il brivido finisce. Che la vita non va affrontata, va accolta. Rimane quell’immagine, come un miraggio, un’apparizione, a ronzarti nel cuore, a chiederti di arrenderti: te la senti di diventare così? Agnello. Brivido.

Te la senti di non entrare nel mondo con la violenza di chi crede di salvarlo? Te la senti di sospendere il giudizio per sempre sull’agire dei tuoi fratelli? Te la senti di accogliere la mansuetudine come unico terreno di umanizzazione? Te la senti di portare via dal mondo i peccati smettendo così di sentirti l’unico in grado, a nome di Dio, di perdonare? Te la senti di amare la debolezza? E di amare così tanto gli uomini da dare la vita? E di credere che sacrificare sia solo una declinazione del verbo amare? Te la senti di essere così forte da accogliere e così duro da imparare misericordia? Te la senti di andare incontro al mondo e di non aspettare che sia il mondo a seguirti? Te la senti di camminare con leggerezza e sapendo che non cambierai le cose perché sei solo un povero agnello innamorato? Sono domande, e il brivido si è già dissolto, ma in quel brivido c’erano insieme domanda e risposta, in quel brivido hai visto il vero volto della vita e il vero volto di Dio, come un Agnello, e non te l’aspettavi.

In quel brivido hai visto il mondo mostrarsi nel suo paradosso, è stato solo un attimo, ma il tempo si è mosso al contrario “dopo di me viene uno che è avanti a me” e non ha senso se non in quel brivido di risveglio che ti sta sussurrando che tu sei solo uno che scopre di essere stato amato. Il divino, come l’Amore, precede sempre, e non lo si inventa, non lo si spiega, non lo si costruisce, ma lo si scopre. Come scia, come vento appena passato, come quel respiro che ha segnato la vita, che ti ha tenuto in vita. Dell’Amore puoi raccontare qualcosa, solo qualcosa, quello che rimane dopo che è passato, leggero, nella trama degli eventi. Dell’amore puoi solo intuirne il profumo ma per riconoscerlo dovrai aspettarne il passaggio. Non è cosa di poco conto, avere fede è un racconto, è saper vedere e raccontare la forma che l’Amore ha preso nella nostra vita dopo che l’ha attraversata. L’amore è sempre un ricordo. Ma un ricordo da raccontare, come faranno i discepoli con il Vangelo. Avere fede è essere complici di questo profumo, senza invadenza cercare di costruire le condizioni affinché la vita lasci un buon ricordo di sé. Arare con pazienza i cuori, renderli teneri come dei rami in primavera, perché l’amore possa incidersi in gemme. Prepararsi ad accoglierlo e saperlo raccontare, questo chiede l’amore che precede, che viene incontro. Peccato mortale è contribuire a indurire la vita, a irrigidire le pareti del cuore. E anche credere di poterlo dare noi l’amore, è una follia, noi al massimo possiamo ammorbidire il terreno. L’amore è un brivido che parla di Eterno. A noi di mostrane la nostalgia con il silenzio degli occhi.

E così ti accorgi, incredibile paradosso, che dell’Amore dici un sacco di cose ma che solo dopo potrai conosce cioè di cui hai sempre parlato: “io non lo conoscevo” anche se ho sempre parlato di Lui. Bisogna parlarne, sapendo che conoscere l’Amore è altro. Balbettarne la mancanza. L’amore è un brivido che ti viene incontro. Ma solo un brivido. Che passa.

E per parlarne, dopo, puoi usare solo immagini. L’amore è come la leggerezza di un volo di colomba che scende e si posa su un uomo e su quell’uomo rimane. Parola di Giovanni il Battista. Non è questo forse il tentativo di descrivere un brivido che non si interrompe? L’Amore è la capacità di trattenere senza forza il volo libero e leggero di una colomba.

E allora ho pensato che mi piacerebbe raccontare la storia di Gesù come quella di un uomo che è stato così leggero e innamorato da vivere la sua vita con una colomba che non se ne andava. Volo di colomba il suo parlare, ali le sue carezze, delicate le sue parole, anche quando alzava la voce, perché mai ha voluto far male a nessuno. Uomo capace di vivere senza spaventare l’Amore che, come colomba, era disceso su di lui. Per tutti l’amore è un brivido, per Gesù l’amore è un brivido che rimane.

II domenica TO A 2020