Occorre smettere di amare l’umanità III TO A 2020

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Crocetta, una foglia da vicino

terza domenica TO A liturgia parola

Occorre smettere di amare l’umanità

(Matteo 4,12-23)

III domenica Tempo Ordinario anno A

 

Giovanni è arrestato e Gesù lo sa bene, sarà anche il suo destino. Profezia semplice, il profeta se è sincero cadrà nell’esclusione e nell’eliminazione. Sarà sempre così, bisogna metterlo in conto. Non esistono tempi migliori o peggiori esiste solo questo tempo che è allergico alla verità e sempre lo sarà.

Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce” e sarà sempre così, il popolo non uscirà dalle tenebre, a volte, qualcuno, vedrà una grande luce, qualcuno ne sarà testimone, e sarà speranza o visione, ma non durerà troppo. Un brivido, un’intuizione, un riflesso d’Altrove. Gesù lo sa bene. Anche lui passerà, cometa nella notte oscura di molte persone, ma non si porterà via le tenebre, inciderà di luce la vita di qualcuno che si sforzerà di credere che grazie alla morte verremo alla luce.

Il vangelo di oggi è brutalmente sincero. Questa è la vita, questo il campo di gioco, qui siamo chiamati a muoverci. Diffidare sempre di chi promette giustizia e futuro migliore. E poi gentilmente smettere di usare toni apocalittici per qualsiasi notizia di cronaca, siamo solo un soffio di vento, passeremo senza lasciare traccia, le nostre battaglie sono spesso patetiche quindi pregasi abbandonare parole sensazionali, imparare a dare il giusto peso alle cose. Noi non siamo il centro e il culmine dell’universo. Siamo di passaggio, camminiamo nelle tenebre, se siamo fortunati riconosciamo qualche stella cometa, magari ci crediamo e comunque sempre arrestiamo i profeti.

Ma è proprio grazie a questo sguardo realista e sincero che possiamo provare a comprendere Gesù di Nazareth. Affogare la novità di Cristo nelle banalità delle nostre presunte battaglie disarma la novità. Perdersi in facezie di poco conto spacciandole per epocali, dimenticare il magma incandescente della Parola per concentrarsi su scaramucce tra pontefici buone per solo polarizzare tifosi da sacrestia è triste e colpevole. Rotolarsi in una quotidianità che procede a colpi di banalità sensazionali e di volgarità che non hanno per nulla il gusto dell’Infinito (ma nemmeno di un orizzonte accettabile) è avvilente. Invece.

Invece smascherare il tempo presente e gridare che, se anche i profeti verranno sempre arrestati, se anche le tenebre si nutriranno di luce, questo, proprio questo, come ogni tempo è il tempo del regno dei Cieli. Questo e non altro. E sarebbe finalmente vera profezia. E avrebbe di nuovo senso interrogare le parole di chi dovrebbe nutrirsi di Parola. Che dolore questi silenzi, e questa incapacità di sollevare lo sguardo.

Questo tempo è il tempo del Regno, qui e ora, ma non perché i profeti trionferanno e la luce non avrà mai fine ma perché fede è trasformare il tempo in occasione.

Questo siamo chiamati a imparare, questo i profeti della chiesa dovrebbero mostrare con gioia invece di svendere l’Assoluto con ideologie di destra o di sinistra buone solo per un post che subito invecchia.

Questo è il tempo del Regno, il Regno è vicino, se cammini, se non rimani a subire la vita, se non ti fai incasellare da qualche struttura, se scivoli fuori dai partiti, dagli schieramenti, se non ti importa di essere con Benedetto o con Francesco perché sei impegnato a camminare il bordo del lago e auguri vita buona a tutti i benedetti e i franceschi con le loro idee e loro manie. Chiamato con loro a camminare quello spazio che divide la vita dalla morte, quello conta. Sempre sul bordo di un lago, lì, nel luogo che rimanda a Genesi, a Esodo, lì dove le acque si rompono per dare alla luce la vita.

Serve uno scarto, un coraggio nuovo, serve un respiro più profondo, serve smettere di accontentarsi di banalità, serve ritrovare il coraggio di grandi narrazioni, serve soprattutto innamorarsi dell’uomo, ma non dell’idea di umanità, non del fattore antropologico ma dell’uomo vero, quello in carne e ossa, quello che ride e che puzza, quello che non vota come voto io, quello che non viene in chiesa, quello che mi pare ignorante, quello che mi avvilisce, quello che mi prende in giro, quello che non capisco, quello che ha un nome, un volto, un odore, un indirizzo, quello che può vivere bene anche senza di me, quello che non si fa catalogare, quello che non deve avere bisogno per forza dei miei catechismi. Quello che sono anche io, e anche tu che leggi. Poca roba. Ma sempre degna di essere guardata e chiamata per nome, questo è l’unico Regno a cui credo.

Il Regno dei cieli è qui, dice Gesù, non perché i profeti inaugureranno un’era di pace (Dio ci scampi dai profeti che diventano re!), non perché la luce annienterà le tenebre (quello avverrà, ma Altrove), il regno dei Cieli è qui quando un uomo vede e chiama per nome un altro uomo. Lì si illumina la vita, quella è fede. Il resto è ideologia. Guardare e chiamare qualcuno per nome, e offrirsi come compagno di viaggio.

Amata mia chiesa ritorna a chiamare per nome chi tenta di pescare sopravvivenza giorno dopo giorno, non condannare nessuno per come getta le reti piuttosto amalo e offriti di fare un pezzo di strada con lui. Mia cara chiesa scegli solo profeti che non abbiano paura del mondo, che non vogliono catechizzarlo, scegli solo profeti che non si sentono chiamanti ma chiamati. Mia cara chiesa dobbiamo lasciarle le reti perché ci siamo impigliati pure noi, cerchiamo insieme chi, oggi, sta facendo nascere nuova umanità perché è quello che rende sensato ogni giorno. Nascere e rinascere, diventare pescatori di uomini cioè di umanità, della propria prima di tutto.

E poi imparare a salutare i padri, lasciare che stiano sulla loro barca ringraziandoli per quello che hanno fatto ma non essere loro vittime sacrificali. E smetterla una buona volta di riparare le reti, se hanno fatto il loro servizio abbandoniamole. Il regno dei cieli è vicino, è qui, ogni volta che noi diventiamo padri senza lamentele e risentimento, ogni volta che ci lasciamo abbandonare dai nostri figli (e sarà veramente averli messi al mondo). E smettere di amare l’umanità per iniziare invece ad amare i volti singoli che ci vengono incontro come ha fatto Gesù, lui non ha sconfitto malattie e infermità ma ha amato il volto vero del malato e dell’infermo. Non l’umanità ma l’uomo, nome per nome.

III domenica TO A 2020

3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Maria Franca Fogliani ha detto:

    GRAZIE. condivido tutto cio che hai il coraggio di esprimere. Sono felice di averti trovato

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  2. Vittoria Cavalleri ha detto:

    Eccomi, mi piace questo passaggio! Il regno dei cieli è qui quando un uomo vede e chiama per nome un altro uomo. Li si illumina la vita e offrirsi come compagno di viaggio quella è vita. GRAZIE UN ABBRACCIO.

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  3. erreviemme ha detto:

    Grazie Alessandro, le tue parole/pensieri/meditazioni sono un toccasana per la vita e l’anima che, specialmente con l’età, tendono ad inaridirsi!

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